Essere figli di alcolisti: condizione drammatica che incide sullo sviluppo e sull’intera esistenza
Da L’ Azione, 12/02/2019
I genitori nell’infanzia e nell’adolescenza sono per i figli un porto sicuro nel quale crescere con la certezza di essere amati, protetti e guidati. La famiglia è come un nido preparato per sviluppare l’autostima e le capacità per relazionarsi. Il padre e la madre rappresentano per i figli il loro primo mondo di riferimento per conoscere, comunicare e crescere con i valori necessari per far parte della società quando saranno adulti.
Ai figli del alcolista è negato tutto ciò poiché l’alcool distrugge ogni porto, ogni nido. Diventati grandi si ricordano la paura per il genitore soggiogato dall’alcol, la violenza verbale e fisica subita dall’altro genitore o da loro stessi; la vergogna di avere una famiglia impresentabile; le promesse deluse; i sentimenti ambivalenti di odio e di amore impossibili da comprendere.
Per sopravvivere i figli imparano a essere invisibili, crescono in fretta. Rinunciano alla loro spontaneità, sono diffidenti, chiusi su se stessi e troppo autosufficienti. Ciò spiega perché con un genitore alcolista da adulti soffrono di un profondo disagio nelle relazioni interpersonali e per superare l’ansia o l’imbarazzo nelle situazioni sociali spesso ricorrono al alcool. Cresciuti come “camaleonti” hanno bisogno di imparare ad aiutare se stessi e a riconoscere quanto siano stati “troppo bravi”.
Ecco perché l’alcolismo è riconosciuta come una malattia che colpisce l’intero nucleo familiare. In Italia sono 772 mila quelle già colpite. Le cifre da sole non dicono nulla del malessere psicosociale di cui soffrono i figli. Molto spesso hanno terrore alla reazione di violenza che potrebbe scatenare se informassero il medico; i parenti, gli amici, la scuola. La famiglia è sola e non vede possibilità di soluzione.
E’ centrale riconoscere che il genitore è ammalato e che non dipende dal comportamento dei figli che si curi. Per questo è importante chiedere aiuto.
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