L’origine relazionale dell’angoscia
“Ho tanta angoscia, non riesco ad andare avanti; non ce la faccio più a recarmi al lavoro; mi sento perso; non sono una persona forte; mi sento sempre sbagliato”. É ciò che provano tanti uomini e donne, con sgomento, tra i venti e i trent’anni.
Il malessere è globale, infatti soffrono di sintomi fisici insopportabili e percepiscono i loro rapporti sociali sempre più faticosi e inappagabili.
“Sono stato più fortunato rispetto molti dei miei coetanei, allora perché sto così male?”. La loro vita sembra buona perché molti hanno studiato e hanno un lavoro. Invece, la storia personale è stata sempre difficile. Questo gap tra il mondo esterno e quello interno è il punto di partenza per iniziare a scoprire l’origine dell’angoscia.
Spesso emerge che hanno avuto almeno un genitore “difficile”, distante, non comunicativo. Complicato per i suoi comportamenti che generavano malessere e tensione psicologica. Molti di essi, per anni, hanno affrontato situazioni traumatiche causate dalle frequenti reazioni incomprensibili e disturbanti.
Per esempio: “Ogni volta che tornavo da scuola mio padre mi puliva le scarpe e disinfettava dove mettevo la cartella”; “Se la giornata non era andata bene, quando tornava aveva il muso e non si poteva parlare”; “Quando giocavo non dovevo fare alcun rumore altrimenti mia madre mi correva dietro per picchiarmi a calci”; “Ero obbligato a mangiare sempre tutto anche se non volevo”; “Si offendeva facilmente, mi insultava e non mi parlava per giorni”.
Chi è stato ascoltato in famiglia, immediatamente coglie l’esagerazione e la durezza di tali comportamenti. Invece, chi proviene da questi rapporti ha bisogno di arrivare a riconoscere che non è stato ascoltato perché mancava l’empatia nelle relazioni.
“La casa-nido” per loro è stata “la casa- inferno”, “la casa- galera” e per anni hanno creduto che fosse così in tutte le famiglie!
Per questi giovani è fondamentale comprendere che nella loro famiglia c’era almeno una persona affetta da un disturbo psicologico non conclamato, non diagnosticato e non curato. Altrettanto importante è chiarire che un genitore inconsapevole di soffrire di un disagio psichico non può essere empatico con i suoi cari o lo è a tratti. Lui stesso è portatore di relazioni maltrattate e non è mai soddisfatto della relazione con i suoi familiari!
Perché gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza sono tanto decisivi?
Oggi sappiamo che i germogli dell’identità, dell’autostima, della fiducia in sé stessi e nel rapporto con gli altri, nascono dalle ripetute relazioni tra il bambino e le persone significative: i genitori, i fratelli, i familiari stretti e poi il mondo della scuola, fino circa ai vent’anni.
Un importante periodo in cui si è dipendenti dal mondo degli adulti. Iniziare a lavorare o vivere fuori casa, sono “prove generali” sul livello di benessere psicologico raggiunto.
Non c’è da incolpare nessuno. Quando la persona conosce l’origine relazionale della sua angoscia trova la speranza per vincerla e sente di avere la possibilità di cercare e di scegliere altre tipologie di relazioni.
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