MALATTIA
Quando accade che in famiglia arrivi una diagnosi infausta ci si sente catapultati in un altro mondo. Presto gli amici svaniscono e i sentimenti predominanti sono la paura, la solitudine, l’incertezza, la tristezza e la disperazione.
In casa come parlare a un figlio di sua madre che è molto malata? Mentre si è malati, come trasmettere i sentimenti ai propri cari senza preoccuparli? Cos’è giusto dire o non dire? Perché mi sento così? Queste ed altre sono domande lecite e importanti quesiti che esprimono la ricerca di un senso e il bisogno di relazioni vere.
Per molti, ammalarsi, implica sentirsi immediatamente spogliati dei propri ruoli sociali: di padre o di madre, fratello, figlio, amico, cittadino. La vita conosciuta sparisce per sempre. Il proprio corpo diviene un oggetto frammentato e utilizzato per indagini, riassunto in sintomi, valori chimici, concepito come una diagnosi.
Gli ammalati si sentono ridotti a un organo quando invece sono delle persone, e sono molto di più della loro malattia.
A causa dei pregiudizi sociali, della disinformazione, dell’indifferenza e del terrore di fronte alla sofferenza, le persone coinvolte si trovano da sole. All’idea di svelarsi e di chiedere aiuto sono pervase da un disagio globale, cioè fisico, psichico, sociale, economico, spirituale.
- Essere ascoltati e compresi diviene un bisogno essenziale per affrontare le paure sulla continuità della vita e i cambiamenti nella famiglia
- Avere sostegno psicologico per assimilare l’esperienza in modo da includerla nella vita quotidiana
- Ricevere aiuto psicologico individuale o familiare è di grande aiuto. Nel rapporto terapeutico la persona può riuscire a recuperare e rinnovare il senso della propria vita.
LUTTO
Il lutto è una vicenda che ci accomuna tutti.
Nella nostra società le famiglie sono meno numerose rispetto solo a vent’anni fa; le relazioni sono effimere, svaniscono non appena non vi è un riscontro di convenienza. Presto si resta soli.
Perdere qualcuno diventa per molti una vera crisi esistenziale.
Vivere il lutto consiste nel riuscire a ricostruire una vita senza l’altro, custodendone la relazione.
- Può trasformarsi in un disagio psichico quando, con il trascorrere del tempo, la vita continua ad essere triste, la ricerca bramosa del defunto persiste, la frustrazione e il dolore per la sua assenza sono compagnie inseparabili.
Il lutto non elaborato può manifestarsi anche dopo anni.
- Improvvisamente ci si trova bloccati e confusi, proprio in momenti di emancipazione, quando si spererebbe di essere felici: iniziare la scuola superiore, terminare gli studi, intraprendere un lavoro, innamorarsi, sposarsi, ecc.
Le difficoltà nell’elaborazione non sono mai solo individuali. Per superare il lutto bisogna viverlo e non è possibile superarlo da soli.
- In famiglia, quando non si condividono i sentimenti e i pensieri associati alla mancanza della persona deceduta, o quando non si può fare chiarezza sulle cause del decesso, si rischia di perdere la storia con lei o di idealizzarla.
- Quando tutto si ferma a lungo e nella casa quasi ogni cosa rimane come prima, significa che il lutto si è congelato, si è complicato o si è negato.
- Nel lutto, in assenza di ascolto, di presenza e di appartenenza sociale e familiare, l’uomo si spezza.
- Il tempo trascorre, eppure nella propria vita è sopraggiunta l’ansia improvvisa o un sentirsi distaccati dagli interessi e dalle persone. Chiusi al mondo, dentro una bolla di solitudine, assaliti da pensieri di errori commessi verso sè stessi o verso chi non c’è più.
- I sentimenti ambivalenti di amore e di rabbia, l’incapacità ad immaginare una vita diversa o senza l’altro, sono alcuni dei vissuti che, per la loro forza e persistenza non si riescono ad oltrepassare da soli.
Nella nostra società che nega il dolore, chi è nel lutto se è solo, spesso ricorre in fretta alla distrazione, intraprende sotto suggerimento di qualche familiare o amico un progetto nuovo, punta al fare tante cose pur di non avvertire il dolore.
Oppure cerca il farmaco che di sicuro allevia i sintomi e può arrivare ad anestetizzarli.
Il sostegno farmacologico è molto importante in quelle circostanze in cui la vita quotidiana è proprio impossibile perché si fa un’estenuante fatica psicologica o si manifestano sintomi invalidanti che compromettono l’equilibrio fisico e mentale.
Per esempio: l’insonnia, l’agitazione motoria, lo stato confusionale, l’impossibilità di ingerire e trattenere il cibo, sono segni di un dolore indicibile, che porta con sé altri dolori indecifrabili, senza nome.
- Molti giovani, che hanno perso un genitore o un fratello nell’infanzia o nell’adolescenza e che sono riusciti ad andare avanti con esiti positivi scolastici e sociali, possono improvvisamente percepirsi strani, insicuri, confusi ed iniziano a sentire l’assenza, dopo tanto tempo e, ciò li sgomenta. Significa che è maturato il momento per l’elaborazione.
- Il coniuge rimasto solo deve reagire per assicurare la qualità di vita dei figli e non ha tempo per sostare nel suo dolore. Può accadere che solo dopo anni si senta assalito da un profondo malessere. Significa che è giunto il tempo per sbloccare il lutto congelato e per supportare la perdita in modo più vitale.
- In una relazione psicoterapeutica, di ascolto e di accoglienza del dolore e delle sue ragioni, si aiuta a legittimare i sentimenti, i bisogni, i ricordi e i pensieri. Aiuta quindi ad assimilare il dolore, custodire la relazione e trasformarla in una nuova vita.